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martedì 12 gennaio 2010

COS'E'


LA NAVE DEI FOLLI

È sotto la forma di una nave di folli che qualcuno ha visto questa nostra vita: questo bellissimo niente, avrebbe detto Angelo Silesio. Una nave che è un sogno, ma che, per essere una nave, ha pur sempre bisogno di una guida. E qualcuno deve pure avere pensato che questa guida spetti alla letteratura. Certo qui la letteratura sta per una sorta di macchina che spreme pensieri, che produce l’essenziale, l’essenza della vita. Ed accogliendo questa declinazione della parola letteratura che LA NAVE DEI FOLLI, offre ciò che è oggi difficilmente trovabile altrove: libri muti, racconti in versi, romanzi lirici, impossibili variazioni sui generi, libri di puro svago metafisico, che si riallacciano al tenace filo rosso che, dai tempi delle raffigurazioni mistiche nelle grotte di Altamira, attraverso le epopee popolari, le magnifiche concrezioni poetiche del platonismo, il Rinascimento, il Barocco, fino al Romanticismo con le sue ultime fiammate nel Dadaismo e nel Surrealismo, vivifica la certezza che la vita sia il luogo dove facciamo la nostra anima, questo vasto mare che ovunque vai non ne trovi il confine, e di cui LA NAVE DEI FOLLI è un’avventurosa esploratrice.

lunedì 11 gennaio 2010

catalogo millenario


DISPERATAMENTE (e in ritardo cane)
Sergio Caputo
Mondadori – Ingrandimenti
15,50



Per fare un solo esempio (ma che dia, tra l’altro, una certa pompa all’incipit) il primo scrittore inglese fu un certo Caedmon che non sapeva né leggere, né scrivere, ma al quale (la storia non dice se per caldana o peperonata) prese uno sturbamento mistico tale che, appena riprese i sensi, scrisse un poema sull’origine delle cose create. Non è una grande opera, ma lo sturbamento mistico era verace; e questo è bastato a farci tramandare l’opera.
Magari anche “Disperatamente” non è una grande opera; e Sergio Caputo, pur sapendo leggere e scrivere, non è uno scrittore laureatissimo e letteratissimo; ma è anche vero che qui, nel suo libro, lo sturbamento c’è, eccome.
Del resto, parliamoci chiaro, Sergio Caputo mastica volentieri la poesia. E lo sa chi ha ballato qualche volta le sue canzoni mocambescamente struggenti, piene di eroi fatti interamente per l’amore e il samba, la fuga e la sconfitta; per quello scialo dei desideri che, man mano che accumulano debiti, diventa dissanguamento eterno. Insomma, non è arrivato mai a pontificarci sopra, e, proprio per questo, della disperazione Caputo ha fatto un qualcosa di utile. Perché la disperazione, ai fini dello sturbamento di cui sopra, è anche meglio della caldana e della peperonata. E, infatti questo è un libro che io consiglierei volentieri non solo a pochi lettori di Italia, ma anche ai suoi tanti scrittori: così per prendere una boccata d’aria fresca.
In cosa consiste questa aria fresca?
Bene: consiste nel fatto che Caputo racconta questa storia per un profondo istinto a raccontare a qualcuno qualcosa che gli possa parlare al cuore. Questo è un romanzo proprio romanzo; che affonda nei primordi di questo genere, cioè in quelle storie della tarda antichità in cui vetustissimi eroi mitologici, di primo o secondario ordine, oppure Alessandro Magno, facevano lunghi viaggi in cui gli capitava di tutto; in cui ci si struggeva d’amore; e di questo amore si conoscevano, infine, gli aspetti più mortificanti (Bataille: ce qu’on aime vraiment, on l’aime surtout dans l’honte; che sarebbe a dire che quello che si ama veramente, lo si ama nella vergogna); e in cui i personaggi si perdevano, spesso, per non trovarsi mai più.
Perché purtroppo l’anima, questa cosa che neanche è detto che esista, ci tormenta di brutto. E forse per questo ci è così cara.
O è così cara a Caputo, che in questo libro racconta sconsolatamente quella che è in larga misura la sua vita, il suo tormento, senza mai scadere nella tentazione di farne un’autobiografia. Assolutamente: la sua vita è un’epopea sentimentale e lirica, a cui non manca nessuna di quelle esperienze che l’autore ha l’abilità sensibilissima di trarre dal quotidiano, e dalla sua squallida amarezza, per tramutarle in avventura.
Insomma, quando si dice la mia vita è un romanzo, un’odissea.
E un’odissea, infatti, diventano le delusioni del protagonista di questa storia, un cantante che ha avuto successo, e non lo ha più; che è fuggito dall’Italia per riparare in America, e che non è più di nessun luogo; che non è più amato da chi ama, e patisce l’amore; e che si aggira stregato per il mondo guardando le persone agitarsi, muoversi, fare, disfare. E non è un caso che questo povero e appassionato uomo sia guidato dall’ossessione per un altro grande perseguitato dall’anima, John Keats. Per Keats il mondo è un occasione, la “valle” dove fare l’anima, dove costruirla, per raggiungere la verità come solo la può restituire l’immaginazione.
E l’arte del romanzo, un mestiere che si fa solo con gli attrezzi dell’immaginazione (senza immagini, solo quello ci rimane: di immaginare), sembra dirci Caputo, proprio a questo serve: a fare anima; a fare epopea con la nostra pochezza interinale; a indicare un modo per trasmutare la nostra miseria in metafora.
O, direbbe forse Bufalino, il nostro disordine in bellezza.

Pier Paolo Di Mino

La Nave dei Folli, di Pier Paolo Di Mino

A




AMORE

[Estratti da Come scegliere in amore, manuale in uso nelle scuole medio-ebraiche della tarda diaspora; tradotto dall’antico fiuggino da Pier Paolo Di Mino]

1) La prima cosa da guardare nella persona concupita sono i piedi. È risaputo, infatti, che dal tallone parte una vena che arriva fino agli organi riproduttivi; di qui si slancia nel cuore. La fisiologia classica dà grande rilievo a questa vena. Si segnala classicamente il caso di Achille, preso per il tallone e immerso nel calderone dalla madre. Il calderone era la solita pantomima magica, perché in verità la madre lo rese pateticamente quello che fu, un eroe, semplicemente schiacciandogli la vena che parte dal tallone. Diffidate dalle madri.
2) Gli occhi. Gli occhi sono lo specchio dell’anima. In genere sono uno specchio, per via del fatto che sono lucidi. Se ci fate attenzione, guardando bene negli occhi una persona, noterete che nella pupilla si vede un pupazzetto (infatti pupilla significa pupazzetto): quel pupazzetto siete voi. Non importa se la persona che vi piace abbia gli occhi piccoli o grandi. È sufficiente che vi possiate vedere in essi per quello che siete.
3) Fin dal primo incontro cercate di capire bene se l’oggetto del vostro desiderio stia recitando una parte per conquistarvi o si forzi di sembrare quello che è. Nel secondo caso, in effetti, si rischia che la persona sia proprio solo quello che è: evitate.
4) Una sensazione di profonda sconfitta è sempre ottima cosa.
5) Tutto il resto è noia.

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AUTORI

AUTORI

Deve essere senza dubbio vero che gli autori che partecipano alla nave dei folli devono essere affetti dallo stravagante e corrosivo vizio della letteratura e che in questo vizio abbiano trovato una ragione d’essere. Per esempio:


Pier Paolo Di Mino

Pier Paolo Di Mino (ma spesso lo vedete associato al nome di Massimiliano Di Mino). Narratore e avventuriero. Ha rocambolescamente diretto la rivista letteraria ERRE!. Ha pubblicato Il Re Operaio e Visiorama per i tipi de La Scimmia Edizioni. Ha distrattamente scritto per la tv e il cinema (tra l’altro: Fine pena mai, con Claudio Santamaria e Valentina Cervi). Si può inoltre inferire quale sia il suo essenziale gioco letterario dalla solerte attività critica svolta sulle pagine del Paradiso degli Orchi.

Fabio Rebora

Illustratore, pittore in 3D, scultore. Nudista. Per quest’ultima attività è stato notato già da alcuni critici: http://archiviostorico.corriere.it/1993/agosto/30/ballando_nudi_mezzo_alla_strada_co_0_93083011029.shtml.
Pioniere di un realismo viscerale e, quindi, infaticabile operaio della alterazione della percezione quotidiana. Dicono che, precocissimo, durante una sua personale a Parigi, sia stato preso a schiaffi da Borges. Ad ogni modo Rebora assicura che l’esperienza è stata educativa.


Veronica Leffe

Illustratrice. La maggior parte del suo lavoro è stato speso nella pratica ascetica e bizantina della rivista ERRE!. Dunque, questa frenetica ricerca dell’essenziale, piume di struzzo, grammofoni, prototipi quotidiani allucinati, gioia spumante di buona marca francese. Ovviamente.

Alfredo Ronci

Alfredo Ronci direttore della rivista letteraria Il Paradiso degli Orchi (anche da lui si può dunque inferire). Autore dei romanzi Moana e l’atletica del dilettante e de L’insonnia delle rondini. Alcuni suoi racconti sono stati collezionati nelle due antologie Mondadori Men on men a cura di Daniele Scalise, e nell’antologia Americana Everything I Have Is Blue: Short Fiction by Working-Class Men About More-or-Less Gay Life. La leggenda che lo vuole di carattere ispido potrebbe non essere infondata.



Fabio Zanello

Fabio Zanello lo trovate regolarmente alla Biblioteca Nazionale e altri luoghi di lettura, dove sconta la sua pena di radicale esiliato. Autore della trilogia esistenziale e politica Hanno rapito Gorbaciov (Castelvecchi 2001), Le nuove Brigate Rozze (Coniglio 2006) e Osama per 1000 anni (Coniglio 2008), il suo incessante lavoro di trasmutazione della realtà nella sua sostanza essenziale, si traduce anche in diverse opere di poesia e di una saggistica saldamente stabilita nell'ambito della cultura medio ed estremo orientale: citeremo Hashish e Islam (Castelvecchi 2003), Taoismo Segreto (Castelvecchi 2005) , Discorsi Sufi (Stampa Alternativa, 2008), e almeno Il Tao del dolce e del duro (Coniglio 2009).



Massimiliano Di Mino

Massimiliano Di Mino narratore e sceneggiatore cinematografico (spesso lo vedete associato al nome di Pier Paolo Di Mino), animatore della rivista letteraria R! ha pubblicato alcuni libri di narrativa e collaborato a diverse antologie e testate web; paranoico quel tanto da non annoiarsi mai, sogna di fondare un esercito o dirigere un musical. Crede nel potere curativo dell’aglio, in Daniele De Rossi e nel colonnello Hugo Chavez. La sua attività onirica è assidua ma poco remunerativa.


Simone Ghelli

Simone nasce nel 1975, sotto il segno dello scorpione, vittima di convulsioni già al terzo giorno di vita. Sarà perché salvato da una fattucchiera, ma fin dalla tenera età si sente in dovere di combattere al fianco dei più deboli. Sarà perché finisce a fatica ragioneria, ma decide d'iscriversi all'università per studiare prima le belle lettere e poi il bel cinema. Sarà perché non è buono a far altro, ma da diversi anni scrive, o almeno ci prova. Ha pubblicato i saggi L'Atalante in Jean Vigo e La tradizione grottesca nel cinema italiano; e i romanzi L'albero in catene e Il Pigneto liberato.


Silvia Santirosi

E' nata a Roma nel 1981. Si laurea in Filosofia nel 2005. Nel 2010 è iscritta all’Albo dei Giornalisti del Lazio (Elenco Pubblicisti). Collabora con le pagine culturali de Il Mattino, Andersen e Via Po’ (Le conquiste del lavoro).

Ha collaborato come sceneggiatrice con Paolo Morales, Claudio Piersanti e al film Tutta la vita davanti (2008) di Paolo Virzì.

Ha pubblicato racconti in diverse riviste, la raccolta di poesie Istantanee (Edilet, 2008) e l’albo illustrato Il treno, illustrato da Chiara Carrer, (OQO Editora, in corso di pubblicazione).

http://santirosi.blogspot.com/


Milva Maria Cappellini

Tra leggere e scrivere, preferisce leggere. Tra scrivere degli altri e scrivere di sé, preferisce scrivere degli altri. L'autobiografia è pertanto il genere letterario che frequenta di meno: da qui - e da una certa penuria di eventi clamorosi nella vita, se non nel profondo privato - l'esiguità di questa nota.


Roberto Piumini

Dicono che chi non abbia letto il suo Lo stralisco (Einaudi, 1987) nella vita abbia goduto poco, ma Roberto Piumini è anche autori moltissimi libri di fiabe, racconti corti e lunghi, filastrocche, poesie, poemi, testi teatrali, testi di canzoni, testi per teatro; nonché quattro romanzi, cinque raccolte di racconti, testi di parodia letteraria, canzonieri, poemi narrativi; ed anche di una trentina di testi poetici. Lo hanno candidato all’Astrid Lindgren Memorial Award 2010.



Gianluca Liguori

Autore del romanzo Dio è distratto e della raccolta di poesie Credo in un solo io; febbrile promotore culturale; quindi: sentina di ogni vizio; di Gianluca Liguori, come dice il nome stesso, il lettore può godere l’ostinato tentativo di sciogliere il reale nella sua sostanza stupefatta; soprattutto il sabato.


Marco Onofrio

Poeta, narratore, critico. Autore, per citare solo alcuni lavori, del romanzo "Interno cielo", della raccolta di racconti "Eccedenze"; delle raccolte poetiche "AUtologia", "D'istruzioni" e del poema "Emporium". L'infaticabile è direttore editoriale della EdiLet


Gianna Sarra

Allieva di Giacomo Debenedetti. Ha insegnato Lettere, ha scritto di cronaca culturale e critica letteraria per diverse testate, e ha collaborato con case editrici. È autrice di tre piccole raccolte di versi: Bianco su Nero (1988), Lo specchio la pietra il pettine (1992), Mostro celeste (1994). Per le edizioni Nutrimenti ha pubblicato nel 2003 La sindrome diEloisa (saggio sugli epistolari d’amore delle scrittrici e degli scrittori) e, nel 2006, il romanzo Il collezionista e la farfalla, che narra la storia di Lewis Carroll con la voce della sua protagonista Alice